La Musica e l’Impatto Uditivo

INFORMAZIONI PER I MUSICISTI

È stato calcolato ma il dato risale a qualche anno fa, che i musicisti “abituali” in Italia sono circa il 6% della popolazione (dati DismaMusica 2011): si tratta di numeri molto elevati, a cui vanno aggiunte le persone che praticano musica più occasionalmente e spesso con minore educazione audiologica. Noi abbiamo stimato intorno ai 2,5 milioni la popolazione dedita ad attività musicale e pertanto a rischio potenziale per l’udito. A questi dobbiamo poi aggiungere le persone a rischio per ascolto di musica ad alti volumi (frequentatori di discoteche, concerti, uso di lettori audio portatili): è insomma un problema che riguarda tutti, soprattutto i giovani ma non solo.

A causa delle frequenti e intense esposizioni ai suoni i musicisti possono sviluppare un danno uditivo cioè una ipoacusia, o una disfunzioni come gli acufenie/o iperacusia e/o senso di ovattamento . Quasi sempre i primi segnali di un danno da rumore sono gli acufeni che, invece di estinguersi rapidamente dopo l’esposizione, persistono per ore o per giorni; la perdita uditiva, cioè l’ipoacusia, è generalmente subdola in quanto al suo esordio interessa solo poche frequenze intorno ai 4000 Hz. L’iperacusia può iniziare a manifestarsi dopo qualche mese sotto forma di annoyance.

Questo riguarda sia la musica “amplificata” (rock ed elettronica) che quella acustica (musica classica): alcuni strumenti, come gli ottoni e il violino possono infatti raggiungere notevoli intensità sonore, o per volume intrinseco o per vicinanza con l’orecchio oppure ancora per caratteristiche fortemente riverberanti dell’ambiente. L’esposizione frequente ad alti volumi, può comportare una sollecitazione patologica sulle delicate cellule ciliate (prevalentemente quelle “esterne” della coclea) e quindi una ipoacusia e sull’intero blocco labirintico a causa della forte energia acustica e talvolta della componente vibratoria (ipoacusia e disturbi dell’equilibrio). Questi effetti sono influenzati sia all’intensità che alla durata di esposizione, ma anche dallo spettro acustico dei suoni. Molti studi epidemiologici hanno evidenziato danni uditivi nei musicisti: si stima che l’esposizione a “rumore” di chi suona in orchestra sia paragonabile a quella di chi lavora in ambiente industriale [Schmidt et al 2011]. Altri studi hanno mostrato come il 53% degli studenti di conservatorio sia esposto a livelli sonori che imporrebbero l’uso di protezioni acustiche, come per i lavoratori in cantieri o fabbriche, perché oltre i limiti consentiti dalla legge [O’Brien et al 2014].

Nei musicisti, poi, piccole alterazioni uditive possono essere percepite di più, con maggiore attenzione (ovviamente i musicisti, come d’altronde fonici e tecnici del suono, tendono maggiormente a polarizzare l’attenzione su tutti i fenomeni sonori e ad analizzarli in modo più minuzioso), rispetto a chi non fa un uso professionale del proprio udito: questo vale anche e forse ancor di più per gli acufeni e per l’iperacusia, quando presenti, ed essere maggiormente disturbanti ed ansiogeni. A tal proposito infatti si va ad aggiungere il coinvolgimento emotivo che scaturisce dalla preoccupazione di potenziali ricadute persistenti sull’attività professionale. Piccole ipoacusie possono essere maggiormente percepite dai musicisti, pur non riguardando gruppi di frequenze che caratterizzano il campo della comunicazione; si sa infatti che un trauma acustico iniziale determina una perdita molto selettiva intorno ai 4000 Hz o di tipo transitorio (TTS: temporary threshold shift) o permanente (PTS: permanent threshold shift); il musicista a volte coglie più facilmente e precocemente una anomalia nel  “timbro” e nella “voce” del suono emesso dal proprio od altrui strumento.

Un discorso a parte meriterebbero specificamente gli acufeni, l’iperacusia (e l’ovattamento) che insorgono nel musicista o nel professionista del suono; mentre per gli acufeni e per l’iperacusia possiamo rimandare alle altre parti del sito, un accenno merita quel sintomo spesso riferito da questa categoria di esposti: l’ovattamento dell’orecchio. Una delle cause di questo sintomo può essere ricercata in precedenti esposizioni a suoni intensi ed alla conseguente messa in atto degli automatici riflessi di difesa: questi consistono nella contrazione dei due muscoli endotimpanici (tensore del timpano e muscolo stapediale) che hanno la funzione di aumentare la rigidità e l’impedenza dell’orecchio medio al sopraggiungere di suoni che superano 75-90 dB e quindi diminuirne l’impatto sull’orecchio interno; tali riflessi si instaurano automaticamente e determinano un impercettibile transitorio ovattamento. In taluni casi, non tanto rari in verità, la particolare ricorrenza dell’attivazione del riflesso può provocare quella che si chiama TTTS (tonic tensor tympani syndrome), quindi una persistenza del riflesso con conseguente maggiore durata dell’ovattamento. Va identificata almeno in anamnesi cogliendone eventuali fattori favorenti (stati muscolo tensivi, emicranie, disfunzioni temporo-mandibolari, ecc).

In generale la cosa migliore per proteggere il proprio udito è di agire su più fronti, limitando, per quanto possibile, l’intensità dei suoni a cui si è esposti e la durata dell’esposizione.

Oltre ad abbassare semplicemente il volume si possono usare dei sistemi di protezione personalizzati: sono in commercio un vasto numero di sistemi di protezione specifici per i “professionisti del suono e dell’udito”. Sono di tipo passivo o di tipo attivo. Sono più costosi rispetto ai comuni tappi di cera o gomma che si trovano nei supermercati ma garantiscono un’ampia protezione e sono un sicuro investimento ai fini della propria saluta e della possibilità di continuare a svolgere la propria professione o il proprio hobby. Questi sistemi di protezione sono su misura e riducono l’ingresso del suono in modo proporzionale su tutte le frequenze, in modo tale che il suono percepito da chi li indossa risulti naturale, ma meno intenso. Inoltre con questi sistemi speciali la propria voce non risulta distorta. In Europa e negli Stati Uniti sono più facilmente reperibili che in Italia ma anche nel nostro Paese possono essere acquistati presso i centri che normalmente vendono apparecchi acustici o presso negozi di strumenti musicali specializzati.

Il consiglio che possiamo dare per limitare la durata dell’esposizione è quello di fare pause della durata di almeno 10-15 minuti ogni ora di esposizione. Queste pause, contrariamente a quanto si pensi, non devono essere fatte in ambiente silenzioso, ma in un ambiente acusticamente “ricco”, ma a bassa intensità [Sturm et al 2017].

Oltre alla protezione meccanica passiva o attiva, che va sempre raccomandata, consigliamo l’assunzione di farmaci antiossidanti e anti-ROS (radicali liberi) con potere protettivo e preventivo sulle cellule acustiche: noi da tempo consigliamo il Glutatione ridotto, che per raggiungere il dosaggio utile deve essere somministrato per via endovenosa o intramuscolare (sempre dietro consultazione medica), o farmaci con qualche azione antiapoptotica (l’apoptosi è la morte cellulare) come il coenzima Q10 assumibile per via orale, ed altri. Dello Zinco e del Magnesio già da tempo se ne riconosce una utile attività protettiva cellulare; ultimamente anche l’Acido alfa-lipoico sembra dimostrare qualche effetto positivo sull’apparato acustico, così come l’Acido folico (vit B9) soprattutto se carente nel sangue, come spesso succede in concomitanza con elevati valori di omocisteina (iperomocisteinemia). In nessun caso, è bene sottolineare, vanno intesi come farmaci “risolutivi” ma come sostanze che integrano farmacologicamente tutti gli altri provvedimenti di protezione descritti.

Nel trauma acuto (shock acustico), a giudizio dello specialista, può essere praticato un trattamento cortisonico per via generale o attraverso una o più infiltrazioni endotimpaniche con ago sottile, praticabili solo dallo specialista in oto-microscopia ambulatoriale.

Consigliamo infine a tutti coloro che utilizzano l’udito a livello professionale di sottoporsi ancor prima che compaiano i caratteristici segnali d’allarme e comunque almeno una volta l’anno ad una visita medico specialistica ORL o audiologica e ai relativi esami strumentali che possono così costituire un monitoraggio dello stato di salute del proprio apparato uditivo.

Nei centri più attrezzati come il nostro Centro Acufeni è possibile effettuare anche un interessante test di funzionalità delle cellule ciliate (OAE: Emissioni Otoacustiche) su cui in questo sito ci siamo già soffermati.

(Testo a carattere divulgativo a cura del Dott. F. Mazzei e del Prof. G.Cianfrone)

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